Letture 1 Corte di Assise di Avellino, 1862
Le imputazioni a carico degli imputati, il cui numero iniziale scemerà
negli anni (gli arresti della prima ora per le reazioni di Torre le
Nocelle e di Montemiletto ammontano a 536) sono le seguenti:
1) cospirazione ed attentato avente per oggetto di distruggere e
cambiare il governo costituzionale proclamato il 25 giugno 1860;
2) eccitamento alla guerra civile fra gli abitanti di una stessa
popolazione, armandoli ed inducendoli ad armarsi gli uni contro gli
altri;
3) devastazione, strage e saccheggio contro una classe di cittadini con
omicidi nelle persone di Don Baldassarre Rotondi ed altri di Torre le
Nocelle.
Le imputazioni nell'atto di accusa del 27 gennaio 1863 sono quelle
classiche delle svariate reazioni che si susseguono per mesi e mesi
lettura che segue è costituita dall'atto di
accusa del Procuratore Generale Paolo Magaldi, verso gli insorti di
Torre le Nocelle per la rivolta del 7 settembre 1860, durata, come altre
nella provincia, lo spazio di una giornata. Nella rivolta popolare
trovano la morte quattro esponenti della famiglia borghese più agiata
del piccolo comune, con il corredo tradizionale di ferocia della
jacquerie contadina. Il comune è poco distante da Montemiletto, teatro
il giorno precedente di analoga reazione popolare; capo dei rivoltosi in
entrambi i comuni è lo stesso personaggio, Carmine Ardolino,spia ed
agente borbonico.
Lo scenario strutturale in cui si inserisce la manovra borbonica,
fomentando la rivolta, è lo stesso: l'oppressione dei proprietari
terrieri,l'usura, il predominio politico dei galantuomini. La
congiuntura è la crisi acuta del regime borbonico in agonia,
l'incertezza e la fluidità del quadro istituzionale locale e regionale.
Se a Montemiletto vi era stato un tentativo di controllo sociale da
parte della borghesia, a Torre le Nocelle non vi sono passaggi intermedi;
in quest'ultimo comune, anzi, la reazione si può considerare il
prolungamento, l'appendice di quella di Montemiletto.
Fonte: Archivio di Stato di Avellino, Corte di Assise, 1862, b. 63, f
311 g.
La rivolta reazionaria del 7 settembre 1860 a Torre le Nocelle
Atto di accusa a carico di Carmine Ardolino ed altri di Torre le Nocelle
"L'opera della sanguinosa reazione di
Montemiletto non dovea rimanere circoscritta in questo solo Comune.
Epperò nel mattino del 7 Settembre 1860, Matteo Lanzilli, uno dei capi in
Montemiletto mandò in Torre le Nocelle per Carmine Ardolino, che tosto si
portasse con altra gente per doversi dar compimento all'impresa. E quel
Carmine Ardolino, che in 42 anni di sciagure politiche erasi pasciuto di
calunnie e di persecuzioni contro gli onesti cittadini e patrioti,
cogliendone dal Governo Borbonico l'esecrato frutto di annui Ducati 144;
quel Carmine Ardolino, ch'erasi reso quasi una potenza temuta dal suo
Distretto, e che traeva al suo prestigio la massa idiota ed ignorante;
quell'Ardolino che visto la sua mala parata nel Programma Costituzionale del
25 Giugno 1860 raggiravasi occulto per le circostanti compagne ad infondere
il mal seme contro la novella forma di Governo, lusingando, promettendo,
cospirando, ed aizzando a devastazioni, stragi, saccheggi; quell'Ardolino
finalmente, che da celato agitatore, fin verso le ore 20 del dì dei funesto
eccidio in Montemiletto, scorreva le circostanti contrade da Felette a Piane,
e verso quella sera istessa compariva poi in Torre le Nocelle travestito,
armato, in aria di trionfo, insultando, schermendo, annunziando il trionfo
del suo Re e la disfatta di Garibaldi, e minacciando di compiere la sua
opera contro i liberali; quell'Ardolino medesimo non fu sordo all'invito del
Lanzilli, avvegnacché in veste da masnadiere, tutto chiuso nelle anni usciva
in piazza accompagnato da taluni suoi satelliti; e con questi fatto dar
fiato alla tofa, con tal segno quanta più potè gente raccorre, strinse al
suo comando; indi armatala di schioppi, parte tolti a privati e parte al
Corpo di Guardi,. e munita così la sua schiera. nonché di tamburo e bianco
stendardo, la reggeva per Montemiletto tra frenetiche grida di Viva
Francesco II.
Quell'addio ch’egli dava a Torre le Nocelle, era un addio di fuoco, e con
gli occhi parea dicesse «fra breve berrò il tuo sangue».
Né mancò chi. per compiacersi secolui nella maligna idea reazionaria, non
gli dirigesse per via le seguenti espressioni «vedi se tra noi stia qualche
galantuomo. o qualche coppola rossa! -Al ritorno faremo piangere anche S.
Ciriaco nella Chiesa» volendo alludere al Santo Protettore di quel paese.
Quella parata intanto, e quell'addio minaccioso avea gettato nella
costernazione gli animi dei liberali, per modo che chi sperava salvezza
nella fuga, chi nel tenersi celato, e chi nel pararsi a difesa - Non è a
pretermettersi però, che l'oracolo, da cui eziandio coglievano il loro
responsi quei traculenti, erasi il Sig. D. Pirro Penna; tanto che nella
costui casa stringevansi a consiglio, nella costui casa vedevasi fin dal dì
antecedente qualche reazionario e venirne armato per opera di lui. Ma ecco
che a suon di tamburo, e così capitanata da Camiine Ardolino, giunge
finalmente la rea masnada in Montemiletto, in dove essendo delitto un nastro
tricolore, non vedevi che fluttuar solo bianche bandiere. Quivi fra le grida
festanti di viva Francesco II, veniva questa accolta dall'altra comitiva
comandata da Matteo Lanzilli; e dopo di aver percorse col solito grido le
strade del paese, e dato un cenno a quei sparti e miserandi cadaveri de dì
antecedente, come per ispirarsi a doverne rinnovare l'esempio su Torre le
Nocelle, il suddetto Lanzilli ed i suoi offrono anche la loro opera a dover
dopo tanto effettuire. Ma quasi per una gara di gloria, prevalse la
deliberazione di dover ciò solo eseguire la banda dell'Ardolino, giacché
quella dal Lanzilli era a tanto bastata sola in Montemiletto - E sola
procedette per Torre le Nocelle tra le frenetiche grida di viva Francesco
II, abbasso la Costituzione - Però, pria che fossero giunti, ebbero ad
invidiare ad un tale Agostino Vozzella fu Giovanni, e
Giuseppangelo Carideo
fu Michele, la gloria della prima vittima in persona di
D. Carmine Rotondi.
Era costui uno di quei liberali, che cercarono sicurezza nella fuga, e già
si era allontanato di sua casa, recandosi in quella di un tale
Vincenzo
Moavero, suo colono: ma poiché questi era assente, e vi trovò invece il
sudetto Agostino Vozzella, che per conto del Moavero maciullava del canape,
proruppe, «tu sei colui che vai trovando coppola rossa a Garibaldi?»- e sì
dicendo, il percuote a guanciate; indi dà di piglio alla scure, e tale gli
vibra un colpo alla testa, che, se quegli non se ne fosse cansato, ne
sarebbe rimaso già vittirna. Ma siccome la moglie dei Moavero rimproverò il
Vozzella di questo malfatto, così costui diè le spalle, ed andò via . Allora
D. Carmine Rotondi non tenne più sicuro quel luogo, e prese burroni:
Vozzella d'altra parte volò a darne avviso ai compagni, finché unitosi a
Giuseppangelo Carideo, che all'uopo si munì di fucile, si dettero entrambi
sulle peste del ramingo D. Carmine, e come l'ebbero raggiunto, l'obbligarono
appressarsi, e baciar loro le mani; indi il Vozzella ordinò al Carideo,
facesse il suo dovere; e questi gli puntò nel fianco il moschetto, e
l'uccise: lo derubarono poscia di carlini 24, e fecero ritorno in Torre le
Nocelle, per fare il resto, come dicevano.
Ed in tempo che la lagrimevole nuova dei detto Rotondi ronzava pel paese,
ecco ritornarvi co' suoi satelliti Carmine Ardolino, ai quali non faceva che
comandare stragi, devastazioni, saccheggi - Una bianca bandiera sventolava
intanto sulla casa di D. Pirro Penna; un prolungato rintocco di campana
invitava alle armi, al cui suono altri ribelli accorrevano dalle vicine
campagne: nella casa di D. Pirro Penna avevansi libero l'accesso, e di quivi
dirigevasi il da farsi - Ma più che ogni altra cosa, il grido del primo
sangue versato fu per gi'insorti una lingua di fuoco per raccendere vieppiù
la loro ferocia; onde senz'altro diressero i primi passi a casa di
D. Cesare
Rotondi - Quivi non era che la moglie: a costei chiesero il berretto
nazionale del marito: alla risposta ch'era chiuso in cassa, e ne avea la
chiave il marito assente, Marco Latorella, e
Florindo Ardolino vollero
accertarsene; ma un ordine di Carmine Ardolino dirige l’assalto alla casa di
D.Francesco Rotondi - Vechio costui in su i 70 anni, l’unico fu che parato
si fosse alla difesa. Impostogli sulle prime di gridare viva il RE, ci si
rifiuta; gli si chiede di suo figlio Errico e del costui berretto nazionale;
ed ei non risponde: di quì Carmine Ardolino impone che si abbattesse l'uscio
d'ingresso; e già Giovanni Nuzzolo, Marco Latorella Domenico Cassano fu
Angelo, Ferdinando Vozzella di Carlo, si fanno ad investire il portone- In
questa giunge Paolo Rotondi, figlio del D. Francesco; e studiandosi di
refrenar la foga degli assalitori, con tutte le possibili persuasive. in
ricambio ne vien percosso. Ma gia si dà mano al conflitto, e Paolo Rotondi
vien gravemente ferito per arma da fuoco: ciò non ostante, mentre degli
aggressori il Giovanni Nuzzolo vien ferito al braccio e due rimangono
esanimi per colpi di moschetto (la cui mercé sparpagliasi quella turba),
esso Paolo coglie il destro a svignarsela in una casa aperta, di la per una
cantina, indi per fratte, burroni e capanne: è inseguito ma indarno: la mano
della Provvidenza gli campa la vita.
I due reazionari uccisi furono Michele Carideo, e Carmine Carideo; e li
colpiva D. Francesco Rotondi. nel frattempo che si ostinavano a scassinare
il portone .Ma siccome parve duro, per un verso, il piricozzare con questa
casa, e dovevasi. per l'altro verso, già compiere il sacrificio delle
vittime designate; così fu che gl’insorti. affin di non lasciar vedere che
per viltà desistessero da questo primo assalto, misero in campo una voce,
che i due colpi letali eran partiti dalla casa di D. Baldassarre Rotondi;
epperò contro questa corrono a disbramare la loro sete di sangue. Chi vi
adopra l'incendio, chi vibra archibugiate alle finestre chi ne scala il
tetto, Quest’ultimo tentativo potè raggiungere lo scopo, cosicché rotte
tegole e solai, scendono nella casa, Marco Latorella con una turba che il
seguiva fu l’esecutore di tale eccesso: Carmine Ardolino ne avea dato il
cornando- Avrebbesi dovuto vedere lo infuriare e lo affacendarsi del
suddetto Marco Latorella: egli il primo si muniva di scala; egli il primo
montava il tetto. lo smantellava di già, ebbe di già sfondata la volta di
quella casa e traeva in fondo della stessa colpi di archibugiate. In quel
supremo momento non mancarono persone che vinte da pietà pregarono
genuflesse al ginocchio di Carmine Ardolino che imponesse freno a tanta
crudeltà; ma furono preghiere al vento; imperciocché gli aggressori scesi
che furono nel giardino dischiudono il portone, e furibondi Giuseppe ,Costantino
e Tommaso Carideo incontrano per primo Donna Raffaela dello lacono moglie
del D. Baldassarre, e ad ordine del Giuseppe vibra un colpo di scure il
Tommaso e ne fa cader tramortita l'infelice Signora. Il marito di lei, che
fuggiva per un attiguo giardino, in seguito da una scarica di fucilate: non
ferito riesce sulla strada in dove scontrarsi col suo colono Luca Jarrabino,
cui prega nol facesse uccidere; ma questi bruscamente gli risponde , -ti
possa uccidere Iddio- Stando su tal piede le cose altri reazionari ch'erano
alla posta, il videro; ed additandolo agli inseguitorì con le grida -
sparate sparate- più colpi di schioppettate, trattegli ai vari intervalli
della rotolaron giu agonizzante nel Vallone, detto della Terra. Né Paghi di
ciò, un Carmine Bianchini fu Giuseppe insultandolo gli squarcia a colpi di
scure la pancia. Nicola Rosato fu Michele lo ferisce con forca di ferro; e
Pasquale Laragione passatolo ben bene con arma da taglio, ruba finalmente al
cadavere un cinque sei ducati che intascava. Indi mettendosi in derisione la
morte di questo disgraziato, si gridava «si è ucciso il porco grasso».
E si finì col saccheggiare la casa rubandovi circa 2000 ducati in numerario,
compresovi un 600 ducati del Municipio, e tra l’altro, persino l'oro del
Protettore S. Ciriaco che il D. Baldassarre conservava. Né qui ebbe termine
la sciagura di questa fiamiglia, dapoiché le vittime segnate dal furore
reazionario dovevano raggiungere il computo prefIsso: cosicché i ribelli si
diedero eziandio alla cerca di di D. Pasquale Rotondi, ch’era il maggior
figlio dell'ucciso D. Baldassarre. Nol rinvennero in più puntii, nonostante
le più avide perlustrazioni, né in casa di D. Saverio dello lacono, né in
quella di Gennaro de Carro - finaImente venne lor dato vederlo sotto le
finestre di un suo zio paterno, e colà barbaramente il freddarono. Nell’
atto che l’infelice, per calcare le orme del fuggente genitore, piangeva,
esclamava: Padre mio! Padre mio! Il crudele assalto alla casa di
D.Baldassarre Rotondi, quel barbaro eccidio in persona dello stesso, e di
suo figlio, e quella ferocia di non perdonarla nemmeno all'imbelle sesso,
facea palpitare anche il più animoso liberale. Onde Io stesso D. Francesco
Rotondi, che momenti prima mostravasi imperturbato, ed inespugnabile al
nemico, cadde in tale un abbattimento, da non pensare più ad altro che a
trovarsi uno scampo: parimenti determinò la nuora sua D. Leonilda
Cosomati:cosicchè l’uno andò ad appiattarsi nella cantina di
D. Cesare
Rotondi, dietro concerto con sua moglie D. Adriana Miraglia, che ove gli
assalitori il cercassero, li conducesse in punto opposito a quello dov'egli
celavasi, per cosi aver copia a potersela difilare non visto: l'altra poi,
strettosi al petto l'unico suo bambolino, colse il destro di poterne uscire
di casa; e rasentava già i muri dell'abitato, quando Carmine De Marco, alias
Palerio, la raggiunge, e dicendo - qui sono stati uccisi i nostri, e quì si
deve far carne - vibrò una schioppettata a bruciapelo, sicché il bimbo
n'ebbe la gotellina annerita -La sventurata madre si trasse, per quanto
glielo consentirono le forze, a casa Tecce. dove appena giunta, si abbandonò
convulsa - Florindo Ardolino tuttavia minacciava voler ficcar il bimbo alla
punta di una spada, ed altri manigoldi con minacce d'incendio cercavano che
la misera donna fosse uscita da quell'asìlo; ma la carità ospitale li ebbe
salvi entrambi.
Briachi della fresca strage, e baldandosi dei ben riuscito assalto alla casa
dello sventurato D. Baldassarre, ritornano quegl'inumani alla casa di D.
Francesco Rotondi, dove più agevolmente ritentano l'aggressione, mercè
l'espediente della scalata‑E già ne scoprono il tetto, già ne smantellano la
volta, quando la derelitta Signora D. Adriana Miraglia vide che non era da
porre più tempo in mezzo, ed aprì affrontando sola l'impeto di quelle belve‑
E molti l'accerchiano a primo ingresso, ne domandano la morte, e Costantino
Carideo fu Tommaso la ferisce di scannatoio, da rimanerla storpia; né
cessando le minacce di vita, la ricercano dei consorte D. Francesco, giacché
ad essi non era tornato possibile frugarlo: eppure la misera donna, in tante
angustie di morte, non implorava che la vita del coniuge; ripetute volte
gliela promettono, e così la povera illusa li guida nella cantina, dove
viene seguita da quei signori, uno dei quali coi fioco bagliore di poca
fiaccola rendeva ferali le tenebre dei luogo: e quívi la desolata donna,
avvicinandosi al punto, dove, giusta il concerto, sapea che il marito non
fosse, più fiate lo chiamò per nome, e lo invitò ad uscire, annunziandoglì
l'ottenuta promessa della vita.
Il marito, avendo mutato postura, era appunto là dove ella li chiamava; per
modo che un de' reazionari lo scovre dietro una botte, e gli scarica un
colpo che nol ferisce, ma tosto una seconda archìbugìata va a forargli il
petto; indi fu trascinato agonizzante presso gli uccisi Caridei; dove per
mano di Giuseppe Carideo fu cadavere anch'esso‑ E’ inutile dire, come fu
messa a ruba, e devastata la casa di lui.
Né quì avrebbe avuto termine si atroce macello, se gli altri liberalì del
paese non si fossero tenuti lontani o nascosti. Non fuvvi penetrale, cui non
venisse per la loro ricerca rovistato dall'orda reazionaria. Valga a
conferma la investigazione usata in persona del Signor Giuseppe dello lacono.
Fin dal mattino erasi costui nascosto; e per una di quelle contradizioni che
non si saprebbero spiegare, il teneva all'ombra della sua protezione il
reazionario D. Pirro Penna. Ora in cerca di esso Dello Iacono si danno
ostinatamente quei perfidi, affin d'immolare anche questa vittima all'idolo
della loro ferocia; il chieggono ad un suo colono, ma infruttuosamente, lo
chieggono altrove, ma indamo: finalmente non lasciano intentato di stendere
anche le loro ricerche persino nella casa di D. Pirro Penna: ma ad un ordine
dello stesso Penna fu forza ritrarre il piede da quella casa, di cui il
portone fu chiuso, e la vita di Giuseppe Dello Iacono salva.
La insurrezione intanto aveva di già trionfato; e mentre qui miserandi
cadaveri de nostri fratelli giacevano ancora ínsepolti, e libero pasto ai
cani, Carmine Ardolino, fatta inalberare una bianca bandiera d'accanto alla
chiesa, passeggiava dominante per mezzo di essi: e cosi senpassò il di
sussecutivo, senza nuove scosse, ma con palpiti tuttavia. L'indomani però un
nuovo rintocco di campana all'arme radunò novellamente quei brutti ceffi.
Muniti delle stesse armi, che fumavano ancora di sangue fraterno: e ne
brulicava la piazza del paese, quando un dabben uomo, voltosi a Carmine
Ardolino, che se ne stava indifferente sotto al canpanile, gli diceva «vuoi
dunque rovinare il paese?» e quegli con tutta freddezza rispondeva di non
esser lui che faceva sonare, mentre due giovinetti, per sostenergli in volto
di averne ricevuta da lui l'ordine, n'ebbero due solenni guanciate, e
dovettero cedere. Finalmente l'Ardolino estemò di voler organare un
baccanale, o a suo modo di dire, una festa carnevalesca: quindi prese ad
ingombrare gli animi un novello timore di qualche altro scoppio. E cosi
stavano le cose, quando il fausto annunzio, che Garibaldí era entrato in
Napoli, dissipò ben presto i malvagi, e Carmine Ardolino e D. Pirro Penna si
dettero in fuga.
Con gli atti generici legalmente assodati, si stabili che la morte dei
suddetti sventurati era derivata dalle ferite ad essi loro prodotte da que'
masnadieri, come del pari si assodavano le offese riportate da coloro, che,
sebbene rimasti malconci nel dì dell'eccidio, pure la Provvidenza li ha
serbati in vita.
Colpevoli di tanto maleficio, e contro dei quali gravi prove di reità si son
raccolte a ribocco, sono i seguenti, di cui sono -
Detenuti e presenti
l. Carmine Ardolino fu Saverio o Desiderio, di anni 44, agente della passata
Polizia, domiciliato in Torre le Nocelle‑2. Florindo Ardolino fu Saverio, di
anni 22, Speziale Manuale, domiciliato in Torre le Nocelle- 3. Luigi
Ardolino fu Placido, di anni 44 contadino, domiciliato in Torre le Nocelle-
4 Domenico de Angelis di Antonio, di anni 42, domiciliato in Torre le
Nocelle-5. Carmine de Angelis, o d'Angelo, figlio di Angelo, di anni 42,
viaticale, di Torre le Nocelle-6. Carmine d'Ambrosio di Pasquale, di anni
35, contadino domiciliato in Torre le Nocelle - 7. Angelo d'Ambrosio di
Pasquale, di anni 26, contadino domiciliato in Torre le Nocelle - 8. Carmine
Bianchino fu Giuseppe, di anni 40, contadino domiciliato in Torre - 9.
Angelo Capobianco fu Carmine, di anni 60, contadino, domiciliato in Torre le
Nocelle –l0. Francesco Capobianco di Angelo, di anni 23, bracciale
domiciliato in Torre le Nocelle - 11. Carmine Capobianco di Gaetano di anni
19, contadino domiciliato in Montemiletto - 12 Giuseppe Carideo di Raffaele,
o fu Tommaso contadino domiciliato in Torre le Nocelle- Giuseppangelo
Carideo fu Michele, di anni 24, bracciale domiciliato in Torre le Nocelle
-14. Carmine de Caro, o de Carlo, fu Ciriaco, di anni 41 bracciale
domiciliato in Torre le Nocelle- 15. Pasquale Carideo fu Raffaele, di anni
24, contadino domiciliato in Torre le Nocelle- 16. Tommaso Carrideo di
Giuseppe, di anni 24 contadino dom. in Torre le Nocelle - 17. Gennaro
Colella di Alessandro di anni 22, contadino domiciliato in Montemiletto- 18.
Giovanni Cirignano di Ciriaco, di anni 26, bracciale domiciliato in Torre le
Nocelle - 19. Ciriaco Cirignano di Antonio, di anni 62, contadino
domiciliato in Torre le Nocelle-20. Antonio Cirignano di Ciriaco, di anni
17, contadino domiciliato in Torre le Nocelle-21. Carmine Cefalo fu
Silvestro, di anni 40, contadino domiciliato in Torre le Nocelle 22.
Alessandro Colella fu Gaetano, di anni 45, contadino domiciliato in
Montemiletto - 23. Romualdo Cefalo di Saverio, contadino di Torre le
Nocelle-24. Cannine Lullo o Sullo, di Michelangelo, di anni 38, calzolaio,
domiciliato in Torre le Nocelle-25. Domenico Lombardi fu Angelo, di anni 30,
fruttaiolo, domiciliato in Torre le Nocelle-26. Cannine de Minico di
Giovanni, mulacchio, domiciliato in Torre le Nocelle 27.Giovanni de Nuzzo, o
Nuzzolo, fu Giuseppe, di anni 25, contadino domiciliato in Montemiletto-28.
Carmine Petrillo, non già Carmine, ma Giovanni figlio di Carmine, di anni
19, bracciante di Montemiletto-29. Carmine Pizzano di Pacilio 30. Angelo de
Rienzo fu Gaetano, di anni 40, bracciale domiciliato in Torre le Nocelle-31.
Ferdinando Russo fu Pasquale, di anni 50, bracciale domiciliato in
Montemiletto-32. Pietro Russo di Fortunato, di anni 27, colono domiciato in
Torre le Nocelle-33. Baldassarre Russo fu Fortunato, di anni 25 col
domiciliato in Torre le Nocelle-34. Carmine Strozziero fu Alessandro. di
anni 35 muratore domiciliato in Torre le Nocelle- 35. Carmine la Torella fu
Francesco, di anni 36. contadino domiciliato in Montemiletto-36. Tommaso
Tafuri fu Luigi- 37. Donato la Torella fu Francesco- 38 Ciriaco La Torella
fu Francesco di anni 35, contadino domiciliato in Torre le Nocelle-39.
Agostino Vozzella fu Giovanni di anni 29 contadino domiciliato in
Moniemiletto-40. Angelo Vozzella di Filippo, di anni 20, bracciale
domiciliato in Torre le Nocelle -41, Ferdinando Vozzella di Carlo, di anni
27, contadino domiciliato in Torre le Nocelle- 2. Marco la Torella fu
Francesco di anni 28 bracciale di Torre le Nocelle.
Ed i rimanenti assenti
43- Carmine Bevilacqua~44. Costantino Carideo-45. Angelo Cardillo-46.
Clemente Cefalo-47 Antonio Cefalo-48. Raffaele Lombardi fu Domenico-49.
Emiddio Luongo-50. Raffaele Lombardi fu Carmine-51. Carmine de Marco-52.
Pirro Penna-53. Luigi Petrillo-54. Gennaro Petrillo-55. Pasquale la
Ragione-56. Aniello Sullo 57 Michele la Torella fu Vincenzo o Francesco-58.
Michelangelo Tedeschi - 59. Gennaro Tedeschi -60 Tommaso Tafuri fu
Ciriaco-61. Antonio Vozzella.
In conseguenza di che, ed in esecuzione delle Sentenze dalla Corte di
Appello di Napoli Sezione di Aucusa, del dì7 dì 30 Giugno,
9 Luglio, 1862, e 13 Gennaio corrente individui accusati.
1) Di cospirazione ed attentato avente per Oggetto di distruggere e cambiare
il Governo costituzionale proclamato il 25 1860.
2) Di eccitamento alla guerra civile tra gli abitanti di una stessa
popolazione, armandoli ed inducendoli ad armarsi gli uni contro gli altri.
3) Di devastazione, strage, e saccheggio contro una classe di cittadini con
omicidi nelle Persone di D. Baldassarre
Rotondi ed altri di Torre le Nocelle
Articoli l23 124 125 129, 130, 131, 132,351, 352 delle
Leggi Penali dei 1819 156,157,158,159,247, Codice Penale vigente salvo il
confronto a farsi in pubblica discussione tra la pena sancita dalle abolite
Leggi Penali, sotto il cui impero i menzionati crimini venivano consumati, e
quella fulminata dal Codice Penale attualmente in vIgore.
Avellino 27 Gennaio 1863.