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IL SEME
Se in uno stagno cadere si lascia un sasso
cerchi concentrici arrivano alla sponda,
in lungo e largo tutta l'acqua è mossa.
Così l'amore come l'onda giunge
per innalzare al sommo la vita,
felicemente sin quando disgiunge.
Feconda il seme, l'infiora per il frutto,
avvia un ciclo ben determinato
da chi l'anima volle nel costrutto.
Al dipartire s'innalza leggera
va nel cielo all'eterna fonte...
e la materia ritorna dove era!
I venti in eterno sono a lottare,
non ci sono vinti, ne un vincitore
ma è il voler tutto agitare...
finché germoglia il seme con l'amore.
IL CAMPANARO
Il campanile del mio paese
Piano, piano, sta crescendo,
Con storie, vecchie e nuove
è un grande avvenimento.
A gli emigrati un messaggio:
Siamo Torresi di coraggio,
Uniti, pronti a dimostrare,
Ci possiamo comparare
In arte, scuola e civiltà.
Navigando per il mondo
Rileviamo, annoverando
Nozionismo, emozioni e novità.
Or possiamo dialogare:
Col fratello americano,
Col cugino australiano
E l'amico, dove abiterà.
Comunità tanto lontane,
Udite il suono delle campane?
Sono del nostro paesello,
Un concerto tanto bello
Già udito in verde età.
LA PIPERITA
Pipì e Pipe' si conobbero al mare,
dove fecero alleanza:
decisero la danza e incominciarono a ballare.
Le note musicali produssero emozioni,
anche esclamazioni: Do Re Mi Fa…
Essere abbracciati, come unificati,
anche disorientati in quel: Do Re Mi Fa...
Come in un deserto ancora inesplorato
piacere dolcificato col: Do Re Mi Fa…
Pipì resta contratto, felice ed estasiato,
anche un po' provato per la musicalità…
Pipe' racconterà la sua bella avventura…
Nella foresta vergine, un portento di natura,
chi vuole trovare l'uscita, una vita ci vorrà,
sbandiera ai quattro venti la sua felicità.
FILASTROCCA: IL SEME NEL CERCHIO
- Adoro i fiori: - sono la gioia degli occhi;
- Amo i bambini:- sono il fiore della vita;
- Amo i giovani:- sono la vita in germoglio;
- Amo gli anziani:- sono la saggezza dell'uomo;
- Amo la terra:- in essa il seme risorge dalla morte;
- Amo le stelle:- la loro luce è anche nei miei occhi;
- Amo il cielo:- é infinito come la vita;
- Amo il mare:- é la fonte dell'acqua per la vita;
- Amo le nuvole:- in esse c'è la vita dissolta;
- Amo gli uccelli:- volano nel cielo e camminano sulla terra;
- Prego per i morti:- sperando risorgono in una vita più avanzata;
- Amo il mondo: creatore dell'uomo, più grande del mondo;
- Amo la fantasia: è la madre che crea lo sconosciuto;
- Amo la vita: è l'esistenza, animata dal mistero dell'amore;
- Sono avvinto dal cerchio: nella sua area orbita il ciclo della vita che
perisce e si riproduce all'infinito;
- Amo il sole: i suoi fotoni lievitano lo sviluppo della vita e partorisce
il bene e il male, due potenze in lotta, per tenere in equilibrio
l'amore incarnato, il paradiso di tutti.
LA MASCHERA
CARNEVALE, gaio vero e bugiardo,
per le strade semina armonia,
coriandoli, maschere e fantasia,
creano la bandiera della giocondità.
Anche io vendo sensazioni,
narro la verità velata d'ironia,
perché l'uomo sulla retta via,
giammai ha voluto camminare.
Come esempio cito la politica,
solo artificio, castelli camuffati,
su i carri allegorici " tanti pirati"
ruberie e inganni con l'onorabilità.
Il cittadino! un pollo spennato:
prima l'amico, poi un burattino,
paga le tasse stupido cretino,
questa è la legge della tua volontà.
Nell'astuzia del prestigiatore,
soltanto farsa non l'alto ingegno
il fulcro, un velo sul congegno,
si crea la pedina per chi la giocherà...
Io piango e rido, e non mi ribello,
osservo attento i carri mascherati,
la satira figura l'oggi bordello,
stelle filanti domani non si sa.
Carnevale 2002. Adamo
OLTRE I COLLI IRPINI
.............
Quando varcai le colline che delimitavano il mio sguardo, capii che ero
stato in un embrione. Oltre c'era tanto da vedere, e molto di più da
imparare.
Vivevo in campagna, conoscevo la gente del circondario e il bestiame che
s'allevava. In teoria quanto mi era stato insegnato a scuola: il mare, i
vulcani, le grandi città e tante altre cose mai viste, nella mia mente
avevano una configurazione immaginaria, irreali.
Allora
non c'era la televisione, come oggi, che riprende immagini in tutto il mondo
e le fa vedere sullo schermo. Esisteva la radio, era nei circoli in paese e
la possedevano soltanto le persone agiate: il dottore, il farmacista,
l'avvocato e qualche feudatario.
A scuola il maestro, una sola volta, ci fece vedere il cinema muto. Trattava
il corpo umano. Ricordo benissimo i fotogrammi. Fui così attratto da
l'ingegno che volevo scoprire come quelle immagini si muovevano similmente
alle persone. L'avvenimento mi spinse il giorno seguente andare dietro la
lavagna a vedere se vi fosse ancora qualche immagine nascosta.
Le vie che percorrevamo erano in terra battuta o selciate, quelle rotabili
invece, con pietre pressate e frantumate dalle ruote dei carretti.
I cantonieri, manutentori delle strade, provvedevano a far tritare le pietre
e cospargerle ove si formavano le buche.
I spacca pietre provvedevano a tritare con un martello il materiale
roccioso, un lavoro durissimo; bastava osservare i calli delle loro mani per
rendersi conto della faticosa opera. I trasporti avvenivano con carri
trainati da cavalli. Invece nei campi, lo facevano i buoi. Il trasporto di
persone avveniva con le carrozze e qualche corriera che transitava due volte
al giorno. Gli spostamenti delle persone, da un paese all'altro, avveniva a
piedi. Insomma come oggi, tante auto in marcia, allora erano le persone,
isolate o in gruppo marcianti lungo le strade.
Mio padre, uomo esperto, in quanto vantava essere stato in Africa a fare il
militare e in America per lavoro, mi promise, in compenso ad un buon
comportamento, di portarmi a vedere il mare. Il più vicino era Napoli,
quindi significava visitare anche la gran metropoli!..
Passò molto tempo perché avvenisse...
Nel mese di febbraio di quell'anno(1944) Io e il fratello Angelo, il primo
dei fratelli, al canto del gallo, ore 4, levati dal letti, ci mettemmo in
cammino per aggiungere lo scalo ferroviario di Montemiletto.
La luna schiariva la via sbiancata di brina e il freddo imponeva avanzare il
passo. Raggiungemmo lo scalo ferroviario dopo otto chilometri di marcia e il
sole sorgeva imperlando le nuvole d'oro e argento.
Dopo una breve attesa, potemmo eccedere in una saletta per acquistare i
biglietti: due per Napoli, andata e ritorno in terza classe.
Il tintinnio d'un campanello avvertiva l'arrivo della vaporiera che vidi
arrivare sbuffando fumo nero e come affaticata trainava una ventina di
carri.
All'invito di un conduttore…signori in carrozza!.. prendemmo posto in uno
scomparto con sedili di legno, già anneriti dal fumo.
Le persone che gremivano il carro, parlavano con un accento diverso dal
nostro e non venivano da lontano. Il mio pensiero corse su quanto m'aveva
spiegato la maestra a scuola: gli uomini sulla terra sono divisi in tribù,
parlano un linguaggio diverso secondo il costume storico, spesso non si
capiscono e guerreggiano per il potere uni sugli altri.
Con sbuffate di fumo nero e sferragli il treno riparti. Nei pressi di
Montefalcione, nella prima galleria non illuminata il fumo della vaporiera
affannava il respiro. Appena usciti vidi il viso del fratello affumicato,
indi, una bronzatura per tutti.
Giunti a Napoli e uscendo dalla stazione udimmo tuonare il cannone.
Io diventai più piccolo di quel che ero! Qualcuno avverti la mia paura e
disse: ragazzo non spaventarti, il tuono annuncia il mezzogiorno e a Napoli
non suonano le campane, ma sparano un colpo di cannone.
Avevamo nella borsa un panino farcito con salsiccia. Lo mangiammo in fretta
e dall'acquafrescaio acquistammo un bicchiere d'acqua per dissetarci. Subito
c'incamminammo verso i quartieri spagnoli per fare qualche acquisto e
curiosare come avveniva il mercato per le strade d'una città. Tante viuzze
piene di bancarelle. Vendevano anche merce non consentita dalla legge (gli
agenti in questo luogo chiudevano un occhio) Bambini per le strade, scalzi,
lerci e cenciosi, apparivano come figli del disordine, in alcune di quelle
vie. Un uomo anziano, trainava un organino, dall'aspetto brutto, ma intonava
la bellissima musica napoletana. Cantori, sceneggiate, battimani
echeggiavano tra quelle mura. Donne avvenenti, ilare, saltellavano
mostravano le gambe, insomma un fare che armonizzava la festa, e sembravano
felicissimi vivere in quel modo. L'armonioso fece vibrare dentro di me un
qualcosa che spronava il pensiero verso le favole: mi consideravo essere
Pinocchio nel paese dei balocchi. Avanzando per i vicoli, si susseguirono
emozioni che scacciarono il peso della stanchezza. Una sorpresa dopo l'altra
mi convinceva che la loro felicità non derivava da un'eventuale ricchezza,
ma dal costume burlesco proiettato alla satira nel saper stare insieme.
Scese la notte s'accesero le luci: una luminaria che dava un chiarore come
il giorno. Dove mancava l'energia elettrica vi provvedevano i gassometri,
indi tutto era visibile.
Dovendo osservare il golfo di sera, salimmo tanti scalini, infine
raggiungemmo la sommità denominata "Vomero". Da quella altura vidi il
paradiso: l'ameno promuoveva l'estasi. Ritengo che mai un pittore potrà
dipingere un quadro similmente. Fui affascinato dallo spettacolo
inaspettato. Tanto percuoteva la mia sensibilità come non mai. La luna
splendeva nel cielo e il pallido raggio rendeva l'acqua del mare argentata
sin dove si scorgeva l'albero di qualche nave che arriva nel porto. Altre
navi partivano per perdersi nella vastità del mare. Le stelle riflettevano
nelle acque tranquille. Tante scie, tante luci, nel cielo e nel mare. Le
barche con lampare, sospinte a largo dai pescatori tendevano la lenza per la
pesca. Altre invece, ritornavano nel porto con pesci d'ogni tipo. L'occhio
avanzava nel circolo del golfo, richiamato della maestà del Vesuvio che
brontolando, eruttava lingue di fuoco sino a raggiungere le nuvole. La scena
era bella e anche brutta quando i cupidi tuoni facevano paura. Il
susseguirsi delle fiamme facevano pensare ad un mostro che respirava fuoco,
un demonio che usciva dalla terra.- Ai sussulti eruttivi le acque cambiavano
colore: l'argenteo diventava rosso corallo.
Da una emozione all'altra, quel giorno ero diventato più grande almeno di
dieci anni. Quanto avevo da raccontare ai miei amici al ritorno e la serata
non era ancora finita! Dovevo visitare la galleria Umberto Primo, il
"salotto" del Napoli bene- ove confluivano gli aristocratici. Già quando
giunsi nei pressi del ritrovo s'annusava il profumo usato dalle dame che il
vento diffondeva nei dintorni. Per un solo istante il pensiero corse al
viaggio in treno, in quanto avvertivo l'odore del carbone, ancora nel mio
vestito. Il via vai, l'eleganza di tanti che si recavano al teatro S.Carlo
spronavano la mia fantasia ad osservare, meditare attentamente come non mai.
Cera gente veramente privilegiata, che vinceva la noia osservando i
personaggi che si recavano al Teatro. Altri seduti intorno ai tavoli del
gran caffè, centellinavano l'aromatica vivanda mentre posavano lo sguardo
sulle carrozze che giungevano con gli attori e le donne di prima classe.
Quelle dame in abito da sera accompagnate dai rispettivi cavalieri:
reverenze, scappellate, baciamano e altri convenevoli aristocratici. In
tanta lussuria avvertivo anche il miasma delle bestie che nella breve sosta
facevano atti corporali. Pezzenti ai lati della strada chiedevano elemosina:
alcuni mutilati degli arti, altri ciechi. Insomma erano stati vittime di
infortuni e diversamente non potevano guadagnarsi la vita, ma anche vittime
della povertà.
La scena evidenziava tante cose, la differenza di classe dovuta allo stato
economico della società: La noia faceva soffrire la categoria dell'agiato
parassita e i poveri con due soldi di 'elemosina trovavano la felicità.
Credo che le ricchezze di questa grande città sono la miseria che accomuna
la gente per dividersi quel panino, indispensabile alla vita di tutti. Forse
la sorgente della bella musica, il bel canto e tutta l'armonia che sprona il
poeta a comporre i versi di tante canzoni che deliziano chiunque l'ascolta.
Adamo Barone
L'ASINELLO IMPAZZISCE
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Nelle acque argentate di Capri e Sorrento,
il canto io sento di sirene nel mare.
Ritornate esse sono per l'azzurro risorto,
nel magico porto dove la nave salpò.
Fu abilmente guarnita da un nocchiero potente,
tante avverse correnti egli seppe domare.
Il maestro ha issato il vessillo dei forti
che giammai nei torti l'onor conquistò.
S'infiammano i cuori dei partenopei possenti,
quanto mai contenti sono pronti a lottare.
Sono afflitti i nordisti per lo scudetto perduto,
da l'or sempre tenuto, costretti a mollare.
La notizia lampante gira tutta la terra,
ai perdenti rinserra avviliti a soffrire.
L'eco rombante d'una novella importante
tutto il mondo girò.
Caroselli e folclore fanno impazzire la gente,
sono uniti e contenti anche in terra straniera.
Milano, li 13.5.1987.
CERCO UNA STELLA
- Era una sera d'estate ammiravo le stelle, a me stesso dicevo: come vorrei
essere fra quelle fiammelle per cercare quella che m'appartiene.
La mamma m'aveva raccontato che quando nasce un bambino, nel cielo s'accende
una stella. Credetti al racconto, tanto che ancora, quando il cielo è
stellato, l'osservo cercando con la fantasia la mia stella.
Pensavo, forse quando sarò grande quanto papà, studiando, avrò la
possibilità di avvicinarmi alle stelle, e toccarle anche con le mani.
Il desiderio spinse la fantasia a sognare ad occhi aperti: dal terracqueo
spiccai un volo azionando soltanto le braccia e abbandonai la sfera terreste
per raggiungere i cieli della Luna, Mercurio, venere, Marte, Giove, Saturno
e la costellazione solare. Tutti gli astri venivano sospinti nel senso
rotatorio e tenuti in equilibrio dalla musica celeste sino alle stelle
fisse. Presi la stella più bella e con il suo aiuto continuai ad avanzare.
La luce m'apriva la via sempre più in alto, sino al nono cielo, ( il
Cristallino), quando un'altra luce coprì la mia. Tale luminaria non permise
poter avanzare oltre. Potetti osservare quel tanto che i miei occhi
vedevano: un castello grandissimo le cui mura e alte torri luccicavano come
oro e argento, e dalle merlature si propagavano bagliori di zaffiri.
Determinai che quel castello era magico. Poteva essere anche la dimora degli
Angeli di Dio.
Infatti, Essi come colombi, da quelle torri, partivano e arrivavano,
probabilmente portavano messaggi agli emisferi stellari e sulla terra. La
maggioranza sarebbero andati a custodire i bambini e anche i grandi, secondo
il volere dell'amore Celeste.
Al centro un foro di arcobaleni, la cui via portava all'ingresso del
castello. Per quella via transitavano carri trainati da cavalli alati,
trapunti di zaffiri che fiammeggiavano luce, uno non come l'altro, una
giogaia di splendori. Dedussi che probabilmente, trasportavano, le anime
raccolte nello sconfinato spazio, recandole al Castello, avanti
all'assemblea celeste per essere giudicate. Alla base della facciata opposta
esistevano tre porte carraie. I carri che uscivano s'immettevano in vie
diverse: una ascensionale, la seconda su strada discendente, la terza
portava verso un precipizio. Da i carri che precipitavano s'udivano grida di
anime disperate, da quelli che s'avviano per la via discendente,
implorazioni e pianti, invece da quelli che salivano verso l'alto, una
polifonia di voci che allietava anche le stelle.
Il conduttore di un carro che saliva, era lo spirito di una bambina, che nel
battesimo fu chiamata Angelica. Come ognuno di noi anch'essa aveva avuto i
suoi genitori. Fu tanto buana sulla terra sin a meritarsi il sommo premio.
Il suo Angelo Custode vedendola circuita dal male, la salvò portandola nel
gran castello. Colà fu incoronata con i fiori di quel giardino per volere di
tutti gli Angeli.
Iddio gli aveva dato alti poteri spirituali affinché fosse nel cerchio a lui
vicino per recare messaggi spirituali in tutto il mondo. " Una grandezza in
quel Castello"
Lei spaziava per il cielo alla velocità superiore della luce, indi in
brevissimo tempo poteva essere vicino a chiunque chiedeva il suo aiuto:
andava nel sogno dei neonati per farli sorridere, portava l'amore alle
mamme, per nutrire i figlioli e non farli piangere, nutriva le mammine di
forza e coraggio per respingere il male avverso ai pargoletti.
Lo spirito di Angelica, raggiunse la sommità del cielo. I genitori piansero
per il dolore quando morì. Lei, consapevole del destino, appena insignita
degli alti poteri, accorse al capezzale dei genitori e nel sogno gli
raccontò che era una luce nel cielo. Disse ancora: sono nelle grazie del
sommo padre, egli mi ha mandato per essere con voi nei sogni e quando
desiderate vedermi, basta alzate gli occhi al cielo, vedrete una stella, la
più grande delle altre, sono io nella luce. Qualvolta desiderate il mio
affetto io verrò nel vostro pensiero e vi riempirò il cuore con l'amore che
vi manca: E' la volontà di Dio - padre di tutti.
Questo racconto se vi è piaciuto, può esservi anche d'aiuto, altrimenti
ponetelo nel cassetto e cercate di sognare anche voi come meglio conviene.
Il Santo Protettore
Festeggiando il Santo Patrono, i torresi affondano nel sacro a cuore aperto.
Diventano più buoni e caritatevoli. Offrono denaro e oggetti di valore che
rappresentano moralmente l'intimità.
Il Santo è il vero amico al quale si fa la confidenza, è l'illustrissimo per
eccellenza da rispettare e chiedere aiuti, insomma l'angolo estremo, la
roccia che sostiene il peso quando diventa insostenibile. E' la fonte dove
attingere il conforto estremo, anche nelle turbolenti passioni. Si cerca nel
mistico il soccorso, altrimenti impossibile.
Il nulla non è nulla, soltanto quanto si ignora.
Il vuoto che avvolge l'uomo si trova nell'estremo angolo buio, laddove
necessita una luce e S. Ciriaco rappresenta proprio questo nella mente di
chi lo adora; non solo come santo, anche come muscolo per superare avversità
che s'incontrano lungo il cammino.
Chi fraternizza con il Santo è sincero, se lo trova vicino e soprattutto nel
suo cuore. Chi altro potrebbe fornire i valori morali indispensabili?
Le festività paesane, recano piaceri alla vita pratica. La festa coinvolge
all'euforia e gli uomini si trasformano. Escano da isolamenti, rendendosi
utili nel branco sociale: vanno alle adunanze religiose, eleganti nel
vestire, fan gara comparativa nello stile, ascoltano la musica da
intenditori, insomma si mettono in mostra con discussioni su gli avvenimenti
e socializzando rivelano le proprie esperienze: , l'artigiano, il
professionista e l'agricoltore.
Il miracolo il Santo lo fa ogni anno, sono pochi i sensitivi che notano
nella peculiarità e nel Mistero.
Il giorno 16 marzo e otto agosto, la sveglia al cittadino la fa il tuono dei
fuochi artificiali e gli apre il cuore a festa.
Gli uomini non sono più indolenti, arrabbiati, predisposti a imprecare, ma
cambiati, non solo d'abito, anche nello spirito. Di nuovo hanno quel pizzico
d'amore che l'innalza verso il cielo, nel Mistero che accolse un martire
cristiano nei Santi.
Devoti da paesi vicini e lontani, giungo a piedi nudi, pensando di ricevere
o aver già ricevuto dal Santo una grazia.
Insomma la festa richiama la gente del paese alla raccolta. Giungono da
luoghi anche molto lontani dove sono andati a cercare lavoro e saranno
insieme sotto il foro di luci colorate, nelle tavolate e nella processione
del Santo miracoloso, colui che li ha chiamati con il tuono della grazia e
li unisce ancora una volta.
Io abitavo nella contrada Bosco Piesco dove trascorsi gli anni più belli
della mia vita e colà dovetti lottare con le malattie che attentavano la
vita. All'età di quattordici anni fui affetto da una malattia diagnosticata
rara e insuperabile dal Dr. Pasquale Rotondi, affermando: io non posso
assicurati la guarigione, però abbiamo un gran Santo miracoloso e potrebbe
farti vivere ancora.
Essendo un ragazzo ignoravo il malefico che tormenta la vita e a cuore
aperto credetti nei Santi: presi l'immagine di S. Ciriaco la posi sul
comodino, la illuminai con un cero, mi prostrai in ginocchio e gli chiesi la
grazia per una guarigione.
Feci voto di portare un carro di grano, preceduto da dodici vergini e in
ginocchio avrei percorso la chiesa sino al cospetto della Santità.
Ritento che non era giunta l'ora delle tenebre che ogni vivente aspetta, ma
non posso escludere l'intercessione del Santo a Dio per la mia vita. Sicuro
della grazia ricevuta, ottemperai alla promessa, seguito da dodici vergini,
scalzo, mi prostrai al Santo con il viso intriso di lacrime. In quel
particolare momento, l'anima mia era nel regno dei sogni celesti, laddove
orbita l'amore che Iddio vuole sia spirito che da la vita.
Ritengo che il vero miracolo sia l'emozione, un premio in godimento di
quelle persone che riacciuffano lo spirito della vita che stava abbandonando
il corpo.
Questa è una testimonianza diretta di come si vivono momenti spirituali,
quando il potere dell'uomo è una nullità, comparato al mistero della vita
che anima il mondo.
Adamo Barone.
IL PARADISO TERRESTRE.
Immaginario è il paradiso dei sogni,
tanto predicato, figlio della speranza,
Re delle tenebre, luce nell'Eternità.
Il Paradiso vero, tangibile, produce la vita,
e con l'armonia del sommo piacere,
si scopre nel corpo delle donne.
Madre natura ha donato loro, il tesoro creativo,
nel quale, se pur nella semplicità,
il mistero del mondo che va'oltre il mondo:
un laboratorio che incarna lo spirito.
Gran valore ha verginità, non una nullità,
come ignobilmente, alcuni pensano:
il creatore, nella complessa realtà della genesi,
pose il sigillo della purità all'ingresso dell'Eden
per lievitare la felicità.
Accantonando il valore morale,
il profumo dell'amore svanisce nel nulla
e il castello dei sogni si oscura nella realtà.
Misano Brasile 10/07/2004. Adamo.
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Centinaia di miglia di uomini vengono massacrati!
il vero tesoro che è la vita, l’incomparabile valore
dell’amore di Dio, oltraggiato e distrutto!.
Nel festeggiare la Santa Pasqua imploro il Cristo risorto
affinché possa recare un raggio della sua luce,
dove predominano le tenebre e si sconosce
LO SPIRITO DELL’AMORE.
Un coro di milioni d’anime ferventi, si eleva e implora
la pace in questa ricorrenza che revoca la resurrezione
del Cristo e c’invita a risorgere: E’ IL MIO AUGURIO.
– Adamo.
PERCORRENDO LA VIA DEGLI ORTI.
Il mattino in compagnia dell’alba, recano il nuovo giorno.
Io vengo assorbito dallo spettacolo che offre la natura nel silenzio.
Mentre tutto tace, non vedo ad oriente la nuvoletta dorata velarsi
d’argento.
Il cielo è bigio, tanta umidità nell’aria, forse cadrà la pioggia.
Ovunque lo sguardo si posa vedo i tesori, i prodigi compiuti dalla natura:
quanto era perito nell’inverno, lo rinnova.
Gli alberi spogli rivestiti di fiori e tenere foglie; gli uccellini che
erano affamati, tristi e infreddoliti, si rincorrono e festeggiano l’amore.
Lo spettacolo trascina il mio pensiero al mistero della vita e quanto orbita
intorno ad essa: al suo servizio, il cielo, il sole, il mare, le stelle e
tanti altri sostegni, visibili e invisibili che danno sapore alla vita.
Tanto trascina il mio pensiero nell’universo infinito.
Secondo le teorie prevalenti, l’Universo ha avuto origine 10- 15 miliardi di
anni fa con il Big- Bang, un’immane esplosione che segnò l’inizio dello
spazio, del tempo e della materia. Dal punto incominciarono ad esistere,
questi tre elementi, che iniziarono immediatamente a espandersi fino a dare
origine a ogni cosa nell’Universo, compresi il sistema solare, le centinaia
di miliardi di stelle che popolano la nostra galassia e miliardi di altri
sistemi galattici.
Dopo il Big Bang. In quel momento occupava uno spazio minore di un
miliardesimo di miliardesimo di un nucleo atomico, ma si stava espandendo
così
rapidamente, che impiegò (un milionesimo di un milionesimo di secondo per
dilatarsi fino alle dimensioni del nostro sistema solare.
E mentre si espandeva si raffreddava.
In questi primi istanti, gran parte dell’Universo era costituito, piuttosto
che da materia da un mare di radiazioni ad alta energia, dove coppie
appaiate di quark ( i “mattoni” fondamentali del nucleo atomico) e di anti
quark venivano creati e distrutti, via via che la temperatura diminuiva e
l’Universo continuava ad espandersi. Il rapporto tra materia e radiazioni
continuava ad espandersi, e il rapporta tra materia e radiazioni aumentava a
vantaggio della prima che dopo circa 10.000 anni diventò dominante.
La singola forza esistente immediatamente dopo la creazione si divise
rapidamente nelle quattro forze fondamentali che oggi governano il cosmo: la
forza nucleare forte che tiene uniti i continenti delle particelle del
nucleo; la gravità; la forza nucleare debole (responsabile dei fenomini di
radio attività) e la forza elettromagnetica) la base dell’attrazione e della
repulsione elettrica e magnetica)
NE DERIVA IL SISTEMA SOLARE.
Circa 4,6 miliardi di anni fa il Sole si condensò a partire da una vasta
nube rotante
di materia gassosa che conteneva in gran parte idrogeno ed elio, oltre a
elementi più pesanti provenienti dai detriti della stelle estinte. L’uno per
cento di questa nube non si addensò nella stella appena formata, ma si
diffuse in sottile disco, la nebulosa solare, le particelle che la
componevano si scontrarono tra loro, alcune si fusero insieme a formare
corpi sempre più vasti che attirarono sempre di più la materia circostante
con la loro forza di gravità, in questo modo gran parte del materiale
presente, ma primordi del sistema solare si raccolse in pochi corpi di
grandi dimensioni: il sistema planetario che conosciamo oggi. La stella
solare è composta da circa il 70% da idrogeno e per il 30% da elio, mentre
gli elementi più pesanti non superano l’1% della massa complessiva.
L’altissima temperatura all’interno del nucleo (15 milioni di °C) è dovuto
al calore liberato dalle reazioni nucleari che trasformano l’idrogeno in
elio mantenendo in vita la stella, in condizioni di temperatura e pressione
tanto elevate.
La sua brillantezza non dovrebbe subire cambiamenti significativi per almeno
un miliardo e mezzo di anni. Quindi esaurito il combustibile, il sole si
dilaterà per diventare una stella gigante rossa inghiottendo completamente
la terra. Infine si disperderà in gran parte nell’atmosfera trasformandosi
in una nana bianca delle dimensioni del nostro pianeta.
Ho portato i lettori nell’inferno e anche io sono spaventato pensando che il
mondo è nato con il fuoco e finirà distruggendo ogni esistenza
materializzata.
Tanto mi desta dal torpore e trovo conforto osservando il via vai degli
automezzi, accodati, provenienti da Novate diretti a Milano per lavoro.
Donne che portano i bambini al nido curato dalle suore, nonché la
vegetazione del mio orto, ora il mio grande amore.
Milano 11.06.2005. Adamo Barone
L'ACQUA DELLA FONTANELLA
Zampilla pura alla fontanella
acqua fresca per dissetarsi,
se l'attingeva una fanciulla
invito romantico per conversare.
il gracidare di raganelle
fra i giunghi d'un pantano,
ricordano le cose belle,
d'un tempo molto lontano.
operavano a raccogliere il grano,tanta musica, portava al divino,
al cori di bimbe sin dal mattino
vento ondeggiavan le spighe lontano.
in tanta fatica primeggiava l''amore
celeste musica adolescente,
sogni fantastici, il batticuore,
occhi negli occhi, un bacio innocente.
tanta calura si doveva placare
a quella fonte s'andava a sorsare
la cristallina che attingeva l'angella
resta un sogno " la fontanella"
0tt0bre 1983.
IL PONTE SUL FIUME CALORE E LA VIA APPIA
Il primo ponte sul fiume calore fu costruito da Appio Claudio, detto il
cieco, Censore Romano nell’anno 212 a.C. Egli sconfisse gli eserciti
collegati dei Sanniti e degli Etruschi, parlò al Senato contro le proposte
di pace di Pirro ottenendo che fossero respinte.
Il tempo impiegato per costruirlo fu molto breve (otto giorni) con la
partecipazione di diecimila schiavi.
L’avvenimento sorprese i Sanniti, ritenuta una creazione impossibile.
L’impresa storica diventerà, poi, leggenda per i cittadini di Benevento e
zone limitrofe:
lo chiameranno il ponte del diavolo.
Dopo tanti secoli, e precisamente quando, la piena del fiume riuscì a
romperlo, cambiò nome in “ Ponte rutto”.
La popolazione del circondario asseriva che tutti i ricchi, avevano ricevuto
denaro dal padrone del ponte,” Lo Cifero”e per incassarlo avevano venduto la
propria anima allo spirito infernale, oppure avevano portato sul ponte un
innocente e dopo averlo buttato giù dal ponte e affogato in quelle acque,
riscuotevano il compenso, alla parte opposta,
in monete d’oro.
Ancora oggi gli anziani di quel circondario la raccontano. “ Vai a Ponte
rutto a vendere l’anima per denaro”.
Il tracciato della Via Appia segui il percorso dei pastori nella transumanza
annuale, e per il commercio con gli ellenici, e per la sopravvivenza del
bestiame. Essi dovevano abbandonare, monti e colline, nella stagione
invernale, per raggiungere le pianure pugliesi.
Costruirono il primo tratto della nota via: Roma Capua, avendo in quella
città un centro logistico con le Armate Romane e successivamente
continuarono il tracciato. attraversando il fiume calore, sino a Canosa di
Puglia.
La via permetteva comunicare verso l’oriente e si rese utilissima al
condottiero per rinforzare le truppe che si battevano lungo il fiume calore
tra le due sponde: Torre le nocelle Taurasi, ove caddero nell’aspra lotta,
diecimila uomini e fu la sconfitta definitiva di Pirro e Sanniti. Vi
transitò in seguito, l’esercito che conquistò la Grecia, la Turchia e infine
la creazione dell’Impero Romano d’oriente a Costantinopoli.
Cornelius Lucius
Gnaivod patre prognatus
Quoius forma virtutei
Consol censor aedilis
Taurasia Cisauna
Subigit omne Loucanam
Scipio Barbatus,
fortis vir sapiensque,
parisuma fuit,
quei fuit apud vos,
Samnio cepit
opsidesque abdoucit.
“Tanto era motivo di nenia per i lamenti femminili che ricordavano la
bellezza del corpo estinto e le sue eroiche imprese”.
Cioè:
“Lucio Cornelio, figlio di Gneo, cittadino forte e saggio, la cui bellezza
fu in tutto pari al valore: il quale vostro console, censore, edile,
conquistò Taurasia e Cisauna, nel Sannio: sottomette la Lucania tutta
traendone seco gli ostaggi.”
(Conosciamo alcune iscrizioni tardive, del quarto e del terzo secolo a.C.,
tra cui una speciale rinomanza i quattro eleggi degli Scipioni scoperti
lungo la via Appia, dei quali uno inciso su un sarcofago di Licio Cornelio
Scipione Barbato, console nel 298 a.C. Censore nel 290, si conserva ora nel
museo Vaticano, in quanto trovata fu nell’era cui quel territorio, era sotto
lo Stato Pontificio.)
La via Appia, resta famosa per i monumenti sepolcrali, ancora esistenti nei
campi che la costeggiano.
Alcune osservazioni su i resti del ponte sul calore si possono osservare in
luogo su i materiali usati: argilla, tuoro, ciottoli e grosse pietre
angolari.
Nel letto del fiume ancora alla base dei pilastri asportati delle piene,
esiste una ciottolata compatta e saldata da un composto d’argilla e tuoro.
Tanto motivava le popolazioni del tempo andato, definire quell’opera,
compiuta dalle orde del male. Nomea, comunque inventata dalle religioni:
Pagana e cristiana, considerando che soltanto una potenza diabolica poteva
creare una imponente opera in brevissimo tempo.
Si disse anche: i Romani, in battaglia, chiedevano aiuto allo spirito
maligno per vincerle . Era un motivo convincente a inculcare la credenza
religiosa che i Romani avevano dalla loro parte il diavolo.
Ponte rutto ci mostra oggi, l’alta tecnologia degli ingegneri Etruschi
conquistati dai romani.
Il fiume calore, portava a valle tant’acqua e ingrossava presso Benevento il
fiume Volturno. Soltanto d’estate in alcuni punti, poteva essere
attraversato da cavalli con carri e da coloro che conoscevano le correnti
del fiume.
Io ricordo una centrale elettrica nella frazione Calore, costruita dalla
ditta Cucciniello. Produceva corrente per la città di Avellino e paesi
limitrofi.
Attualmente, d’estate tant’acqua non c'è più, viene assorbita per irrigare i
campi con le moderne attrezzature.
Nei pressi di Castello del Lago, lungo quel corso d’acqua, ci sono i ruderi
dello storico ponte.
Da ricerche fatte, nella letteratura latina, risulta un viaggio fatto dal
filosofo Orazio insieme a Mecenate e altri dieci letterati diretti a
Brindisi, nell’anno 35 a.C. La durata fu di quindici giorni e dopo aver
superato il ponte sul Calore, giunsero nei pressi di Taurasi, trovarono
un’osteria e si rifocillarono bevendo il buon vino che li rese euforici.
Parlarono delle imprese eroiche dei Romani. Fra le tanti tesi, Orazio narra
una satira da epicureo e dice: i Greci vinti con le armi da i Romani, ma
vincitori dei Romani con la cultura e ingentilirono quel popolo rozzo. Egli
avendo studiato in Grecia era orgoglioso dimostrare una cultura filosofica
profonda più avanzata.
Invece io mi permetto di dire: gli Etruschi eruditi nell’arte, arricchirono
i Romani con la loro avanzata tecnologia nella costruzioni di ponti e
Monumenti.
Milano, 20 agosto 2005 . Adamo Barone-
LO SPIRITO E IL FIORE
Vagando nel deserto della vita,
vidi una stella verso oriente,
mi fece luce nell’aspra salita.
Raggiunsi l’Eden le verdeggianti piante
poste a filare ai bordi del giardino,
ove lo spirito e il fiore, l’olezzo spande.
Fra la beltà del creato e il fiore,
cerano boccioli, uno non come l’altro:
qual per beltà, altro per odore,
tutto era amore nel vistoso parco.
Sarà la scelta verso questo o quello,
ad ognuno il suo valore:
chi per fattezza é bello,
altro ha il profumato odore...
Sorprendenti sono le violette,
seguendo il profumo le troviamo celate,
nei cespugli o fra erbette.
Bambini che vedo e non vedo,
vi chiedo scusa se vi ho chiamati fiore,
siete molto di più, nulla vi nego:
SIETE L’AMORE.
Adamo
Una donna mi disse che la sua bambina era
brutta e gli risposi che nel suo cuore c’era il paradiso,
lo spirito della sua vita.
Tanto mi spinse a comporre questi versi,
e gli consegnai una copia.
.
I PALLONCINI
Oggi dodici febbraio 2006, i bambini della terza e quarta classe, guidati
dal parroco Don Edy, hanno lanciato nel cielo i palloncini che recavano i
loro nomi a Gesù.
Erano bianchi, azzurri, rossi, gialli, viola, verdi e celeste. Formavano
l’effusione di una meteora che apparisce dopo la pioggia allorché il sole si
mostra all’orizzonte con i colori dello spettro solare. ( l’arcobaleno)
Uno spettacolo che ha destato le attenzioni di tanti fedeli che
socializzavano sul sacrato.
Trovare una forma espressiva per raccontare lo spettacolo che i miei occhi
hanno visto non è facile:
splendeva il sole, il cielo era azzurro e un alito di vento contribuiva a
ricamare, con i palloncini, quel blu che portava la pupilla verso mistero
del creato.
Il volto dei bambini raggiava la luce del sole, come gli occhi, mentre il
cuore gli batteva forte, come mai, in quello apporto innocente:
Vola, vola, palloncino reca il mio pensierino,
in alto, in alto, sin lassù, alla dimora di Gesù.
Gli prometto solo amore: l’energia del mio cuore,
e sempre onorare, lo spirito che anima, ringraziare…
Manda i doni tuoi Signore: a gli Zii, i Nonni, Mamma Papà.
La manifestazione resta nella storia, non scritta, solo scolpita nella mente
dei ragazzi… “Essi hanno visto il Paradiso”.
Grazie Don Edy… Adamo Barone
IL SILENZIO DEL BOSCO
E’ bel parlare con te natura nel silenzio…
Rispondi fiera, sicura e senza indugi al mio volere.
I sogni miei, diventano realtà, quanto il pensiero
Contempla le opere tue il cui mistero “vita” supera
Ogni grandezza: contribuisci ad innalzarmi sin dove
L’uomo mai giunse, senza la forza dell’amore…
Rapito dall’immaginario, estasiato per la gioia
Degli occhi, osservo una farfalla
che danza in un campo di fiori: annusa,
si posa su i più belli e n’esce vestita del loro colore.
Il silenzio contemplativo sprona il pensiero a cercare
Nell’ignoto, il gene del male e modificarlo in bene:
soltanto così, l’uomo deviato, godrebbe il paradiso
terrestre.
Basterebbe venisse nel bosco alla festa degli uccelli,
vedrebbe con quanto amore ornano il nido e guizzano
nel cielo con le piume più belle…
I potenti che uccidono e fanno uccidere, vivono nelle
Tenebre: insensibili al pianto di mamme private del
Dono che incarnò lo spirito di una vita, voluta da Dio.
Sono accecati dall’aberrazione del potere, non vedono
La luce negli occhi dei bambini e il sole del domani…
Un giorno sapranno che la loro vita è durata un secondo
e nella terra che li sotterra trasformati in polvere.
Nel mesto silenzio, vegliano i cipressi e s’inerpicano
verso quella luce che le orde del male, oscurarono
a tante creature, contro la volontà di chi creò il mondo.
22 ottobre 2006. Adamo Barone
SUPER CAMPIONI DEL MONDO
Grazie super campioni:
Oggi tutto è più bello,
il pallone ha donato al nostro
essere lo spirito nuovo,
inoltre, il potenziale vostro
ingegno, ha issato il tricolore
sul pennone più alto del mondo.
Siamo orgogliosi gridare:
W L’ITALIA W LO SPORT
Italia – Francia
Partita 64
Data 9 luglio 2006.
1 -BUFFON Gianluigi –3 GROSSO Fabio –5 CANNAVARO Fabio
8- GATTUSO Gennaro- TONI Luca- 10- TOTTI Francesco- 16- CAMORANESI
Mauro-
19- ZAMBROTTA Gianluca- 20- PERROTTA Simone- 21-PIRLO
Andrea- 23- MATERAZZI Marco.
Panchina.
12- PERUZZO Angelo- 14- AMELIA Marco- 2- ZACCARDO Cristian-
4- DE ROSSI Daniele- 6- BARZAGHI Andrea- 7- DEL PIERO Alessandro-
11- GILARDINO Alberto- 13- NESTA Alessandro- 15- IAQUINTA Vincenzo-
17- BARONE Simone- 18- INZACHI Filippo- 22- ODDO Massimo-
Allenatore LIPPI Marcello.
Arbitri:
Arbitro ELIZZONDO Horacio (ARG) Guarda linee 1.GARGIA Dario
Quarto uomo MEDINA Canalejo Luis (ESP) 2.OTERO Rodolfo
Quinto uomo GIRALDEZ Carrasco Victoriano(ESP)
Rigori: Pirlo- Materazzi- De Rossi Compositore Adamo Barone
Tempo di avvento
Il Natale è la festa della famiglia e dell’amore
che anima ogni vivente. Essere insieme genitori e
figli, nel pranzo natalizio, è meraviglioso perché
rinsalda l’armonia fratelli e sorelle, nonché genitori figli.
La festività ci fa ricordare la fanciullezza, quando
sogni e realtà andavano a braccetto, indi
promuovevano emozioni che non si possono
dimenticare, sono scolpite dentro di noi. Bastava
un giocattolo per creare con la nostra fantasia
avvenimenti che appartengono al regno dei sogni,
come dire volare come uccello, andare a
raccogliere le stelle, insomma, quanto ambito e
impossibile nella realtà.
I sogni non sempre, si possono realizzare, ma
portano anche un piacere impossibile.
Non vi sto invitando a sognare, solo di ricordare
gli avvenimenti che vi hanno fatto gioire.
Di seguito il mio pensiero alle feste di fine anno:
Ho visto negli occhi di un bombo
La luce che il Natale ci porta,
reca nel cuore la festa e il conforto
il dono più bello che l’amore ci da.
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO.
Adamo Barone
LE ORME DEI NOSTRI PASSI
SONO LA STORIA D’UNA VITA.
Noi fummo quelli che più non siamo,
un tesoro svalutato dal tempo,
solo un ricordo: le orme lasciate,
sono la nostra storia.
Oggi, il pensiero, con le ali del vento,
raggiunge il vecchio borgo e il paesello
per annusare il profumo dei ricordi,
il vero che modellò il nostro essere.
Da quel cielo giunse l’energia amore
e il trionfo reca la gioia agli occhi,
quando si posano ad osservare
il posto in essere, e la perfezione
del mondo.
Io credo nella maestà divina e,
nell’immortalità dello spirito che
anima la nostra vita.
A l’ombra dei cipressi, i resti mortali
di coloro che animarono, borghi e paesi:
furono il paradiso del nostro affetto e,
la loro energia, l’amore che zampillava
come l’acqua alle sorgenti:
Hanno lasciato in ogni dimora
e nel cuore di chi li ricorda
un vuoto da colmare con la prece:
Aurora, Eva, Federico, Fiorentino,
Enrico, Michele, Ciriaco, Carmine
e tanti altri che onorarono
con le orme lasciate e, il nome
piazza vittoria.
Milano 31.07.2007 - Adamo Barone
ACQUA ALLE SORGENTI -ORTAGGI AL MERCATO
Le sorgenti d’acqua per la comunità Torrese sono una favolosa risorsa. La
più importante fu venduta ai paesi confinanti: Pietradefusi e Venticano,
mentre le altre utilizzate dalla popolazione, sia per i bisogni domestici
quanto per la produzione degli ortaggi.
L’ottanta percento degli abitanti possiede terreno e nei pressi delle
sorgenti
Coltivano l’orticello. Producono gli ortaggi anche per ricavare qualche
spicciolo al mercato settimanale.
Io vedevo, lungo le strade che dai campi, recano ai paesi, frotte di
ragazze andare al mercato a vendere il prodotto degli orti.
Ceste colme di verdura fresca, quanto il sole imponeva bere, un sorso
d’acqua fresca per dissetarsi. La merce che recavano faceva gola a tanta
gente, ma
c’era altro che stimolava i sensi a chi attentamente sogguardava le
giovinette: belle nelle fattezze e ancora di più nel viso abbronzato dal
sole, indi orbitava loro intorno, il profumo delle grazie, come un bocciolo
nel rosaio che dona gioia a gli occhi e tutti lo vorrebbero nel giardino.
Andava al mercato anche chi non doveva acquistare ortaggi, solo per avere il
piacere nell’osservare lo spettacolo della natura. Tante fanciulle a passo
elevato animavano le strade e vociavano la cronaca, non letta sul giornale,
ma quella delle pettegole, anziane , per aver visto, sbirciato dagli angoli
delle finestre, aver sentito dalla tizia...la comare, insomma la critica con
i parametri del costume.
Invece la realtà era un’altra. Il sentimentalismo, occhi negli occhi,
predominava. La purità del cuore inviava messaggi d’amore e il contrariato
Turbava il piacere desiderato.
Di massima gli argomenti della cronaca chiacchierata erano: improntitudine
di questa o quella donna che era andata oltre la morale corrente, però,
aveva dato al suo cuore quanto desiderava.
Le sorgenti che zampillano acqua per la vita, ci portano i ricordi del
passato e sono ancora rappresentative nel presente. L’oasi rimane sempre un
ricordo quando il caldo spinge a cercare acqua fresca per affrontare la
calura.
Le sorgive nel territorio di Torre le Nocelle dissetarono gli elefanti di
Pirro, le cavallerie Romane, Spagnole e Francesi durante le guerre. L'acqua
oltre ad essere la vita per tutti, era necessaria per il bestiame impegnato
nelle battaglie.
Il fiume calore, se potesse parlare direbbe come venivano impegnati i
schiavi, nostri antenati, nelle battaglie avvenute lungo il corso d’acqua.-
Migliaia di morti trascinati dalla corrente dell’acqua, negli anfratti e
rimasti ignoti, ci direbbe tante cose ancora, mai scritte.
Io ricordo la cavalleria dell’esercito Italiano nell’anno 1930, che faceva
manovre di guerra nel circondario ed era accampata a Fontana d’Agli e presso
le altre sorgenti importanti.
Alcune sorgive furono proibite quando la peste decimo la popolazione e
durante la guerra 1915/18, a causa della Spagnola.
Impossibile risalire alla data di nascita delle sorgenti in quanto non ci
sono riscontri che permettono ricercare nel passato remoto e quale evento
sismico l'abbia spillate.
La sorgente la “Terra”, é la più vicina alla popolazione del paese. La
fontana nasceva con due grotte affondate nella rupe. Nel 1911, il Sindaco C.
Rotondi, fece costruire una vasca contenente maggior quantità d’acqua.
Posero due rubinetti per dare la possibilità ai cittadini di attingere acqua
a volontà. Rese con un selciato, meglio percorribile la strada che vi porta.
Antistante alla fonte, posero una panca, dando il piacere a chi attendeva la
turnazione, di riposarsi e socializzare.
Colà l’oasi offriva alla gioventù, incontri leciti e furtivi.
Quel cielo inviò l’energia che fu amore per la vita.
Andare attingere acqua alle sorgenti, non voleva dire soltanto dissetarsi,
anche luogo consacrato all’amore.
Acqua alla sorgente vuol dire anche fragranza, purità come la natura
comanda.
Prima che l’acqua giungesse nelle nostre case con tubature, tutti dovevano
andare alla fonte a prenderla. Io andavo alla fontanella a dissetarmi nel
torrido luglio e attingevo sensazioni che mi facevano sognare a occhi
aperti: colà rapito dal vento dell’amore e sospinto sin dove l’irreale si
concretizzava sentivo il cuore battere come non mai.
Fontane e fontanelle recavano a gli uomini un fiore all’occhiello.
Ad attingere l’acqua, prevalentemente andavano le ragazze. La donna è stata
ed é il simbolo della bellezza, il richiamo degli uomini.
Il fiore si cercava alla sorgente. Colà i primi accostamenti, uomo donna,
la rivelazione delle grazie, nei furtivi sguardi; avvolte più incisivi di un
atto compiuto perché dovevano celare l’incantesimo per motivi di natura
diversa.
Ritengo siano stati tanti, in obbedienza alle regole del costume, sognare
l’amore sbocciato.
Era proibito ad una ragazza scegliersi il compagno per la vita, doveva
accettare quello imposto da i genitori.
Ancora oggi, sussistono comparazioni discriminanti che impediscono
l'accoppiamento comandato dal sentimento istintivo.
Ho detto una donna, non per maschilismo, perché esse erano e forse sono
Ancora, più manovrabili. Certe famiglie ignoravano che il matrimonio
indesiderato potesse promuovere l’infedeltà, o altrimenti quella donna,
l’amore l’aveva potuto solo sognare con un bacio dato, un assillante ricordo
per tutta la vita.
Se parlassero le sorgenti quante verità sapremmo?
Il poema di tanti giovani iniziava quando, occhi negli occhi, riflettevano
la stessa luce, ma anche la sofferenza? quanto tempo doveva aspettare perché
la magia si ripetesse?
Quella magia li aveva spinti oltre l’adolescenza. Avevano scoperto un mondo
nuovo, il paradiso della creatività.
Alle sorgenti, i nostri antenati, conobbero la poesia che le stelle
sussurrano agli innamorati, pregustando il miele di quella luna lontano.
Quanti, ricordi nella mente di desideri sospesi e piaceri distrutti?
Forse nelle galassie le sensazioni che il vento portò lontano.
L’amore che felici li rese, nelle etere il vento dissipò!
Un cuore che pulsa d’amore, ubbidisce al supremo comando, luce di vita la
natura gli manda, chi l’oscura il piacere perderà.
Gli amori innocenti fuggiti, sono fulgore nel cielo lontano, non la placida
mano raccoglierà, il ricordo d'un sogno resterà.
LA STELLA DELL’EST.
La beltà di un fiore e il suo profumo
Invitano all’accostamento per ammirare
L’armonia dei sui colori.
L’amore, invece, è l’energia che va oltre
La beltà d’un fiore:
nel grembo di una donna crea la vita
ed è il Paradiso terrestre.
Nadia è una stella:
col volto Angelico e occhi splendenti
è una fatina nei suoi portenti,
nell’albergo Amedeo,una ragazza alata,
con geniale destrezza aroma le portate
e col suo splendore più gusto gli da.
l’astro d’argento, operante a Misano
con lo sguardo furtivo e una stretta di mano
chi la ricorda rivederla vorrà.
Misano Brasile 20.07.2008. Adamo Barone
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